Comunque, caro Matteo, il tema sarebbe – chiamiamola così! – la Romagna poetica, luogo in cui risiedono tanti autori e molte autrici così come le attività collaterali non mancano; sarebbe dunque interessante scoprire, tramite queste riflessioni di invitati e subentranti, se si tratta di una rete che collabora e dialoga al proprio interno con chissà quali tendenze, obiettivi, o se siamo davanti ad attività ed esperienze letterarie a sé stanti, individuali, nel senso che evaporano nel momento stesso in cui si manifestano, senza chissà quale visione; insomma, come vedi, ma anche soprattutto se la vedi, questa Romagna poetica, e le tue considerazioni, positive o negative che siano, come magari è andata a mutarsi rispetto a quando tu hai iniziato, e se ci sono collegamenti e scambi tra il dialetto e l’italiano, e via dicendo fin l’eterno…
Quando nel 2006 ho curato per l’editore Campanotto La linea del Sillaro venivo da un percorso di festival di poesia sviluppati tra l’Emilia e la Romagna, l’intento era quello di rappresentare un territorio complesso che viveva una duplice condizione: la presenza di molti autori (importanti, conosciuti, stimati, centrali e/o innovativi), ma dall’altra la mancata coesione territoriale.
Se ci spingiamo in Romagna, terra di mille paesi e campanili, terra dove nemmeno la lingua è una, dove nel giro di pochi chilometri cambiano in maniera sostanziale i dialetti, in tutto questo la poesia, espressione almeno fino a poco tempo fa nettamente popolare non può che uscirne ammaccata.
Manca da tempo in Romagna un progetto editoriale imponente, un corrispettivo di Guanda a Parma, per intenderci. Non mancano gli editori coraggiosi: Walter Raffaelli a Rimini continua a portare avanti la propria collana curata e supportata da Gianfranco Lauretano, con altrettanto coraggio si muove L’Arcolaio a Forlì grazie a Gianfranco Fabbri, manca purtroppo da qualche anno Moby Dick a Faenza per la perdita davvero prematura e difficilmente colmabile di Guido Leotta e Giovanni Nadiani che tanto hanno fatto per la traduzione e la poesia straniera in Italia, anche delle lingue minori. Manca lo spirito che tra gli anni Settanta e Ottanta aveva animato la casa editrice Forum/Quinta generazione a Forlì da cui sono partiti molti dei poeti che oggi formano la colonna vertebrale della poesia italiana. Isabella Leardini, riccionese, dirige una collana, anche con titoli importanti, ma è Vallecchi a Firenze.
In Romagna mancano i festival dopo la fine di Parco Poesia a Riccione prima e Rimni poi: Parco Poesia è stato il festival di poesia di inizio anni Duemila, quello che oggi viene riproposto con molteplici sfaccettature in tutta Italia: la nuova poesia in contatto e dialogo con la poesia più riconosciuta. C’è un ponte, forse non programmatico ma facilmente avvicinabile: è la rivista Sul porto di Cesenatico: Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli e Walter Valeri decidono di creare un dialogo programmatico col mondo italiano rimanendo però adesi alle proprie radici. L’interlocutore di riferimento sarà Raboni che a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta dedica loro una delle uscite della collana da lui diretta proprio in Guanda.
In Romagna non mancano le letture: Santarcangelo come Faenza, fino a pochi anni fa Forlì con l’attività di Poliedrica interrotta dalla morte di Stefano Leoni, nemmeno le riviste mancano. Nasce qui Clandestino, una delle punte delle riviste militanti italiani a cavallo di fine millennio: Davide Rondoni, Alberto Casadei e il già citato Gianfranco Lauretano. Sarà lo stesso Rondoni a dirigere per molti anni il centro di poesia dell’Università di Bologna, ma Bologna appunto, perché in qualche modo in Romagna le differenze, i campanili, sembrano prevalere.
Neppure i premi mancano nel recente passato: premio Rimini dedicato alla giovane poesia (ancora Isabella Leardini), premio Spallicci a Castrocaro Terme (segreteria affidata a Gianfranco Fabbri): neppure i luoghi mancherebbero, la Ravenna di Dante e dei trebbi poetici immaginati da Walter Della Monica (ideatore del Premio Guidarello e del Centro Relazioni Culturali di Ravenna), la San Mauro di Pascoli, la Cesenatico di Marino Moretti (e degli spazi di Casa Moretti).
Cosa manca in tutto questo ? Manca un luogo collettivo, una identità collettiva in grado di garantire la diffusione della poesia e degli autori che gravitano in questo territorio, manca un progetto di coesione, una spinta che esca dai confini delle province, dalle strette di questo o quell’altro piccolo progetto. Manca una attenzione universitaria reale e in parte non dipendente da Bologna-Ferrara-Urbino. Servirebbe innanzitutto parlarsi, vedersi, cercare un punto d’incontro, capire le esigenze, comprendere le aspettative territoriali.
Spendere un pomeriggio o una sera a parlarsi, tutti quelli che vogliono fare poesia impegnandosi, serve un luogo, un coordinamento, un ascoltarsi e un farsi ascoltare. Il pubblico in Romagna sa farsi volere bene, è attento, incoraggia. Da queste parti il poeta è ancora una delle anime della comunità, come il prete e come il farmacista.
Dovremmo solo incontrarci ripeto, questa serie di articoli è un ottimo punto di partenza per prendere responsabilmente in mano la situazione. Ora sta noi andare avanti.

Matteo Fantuzzi (1979). Nato e cresciuto in provincia di Bologna, vive a Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna. Nel 2008 ha pubblicato Kobarid, opera poetica con cui ha vinto il Premio Letterario Camaiore, nella sezione giovani. Nel 2017 ha poi pubblicato La stazione di Bologna, per la casa editrice Feltrinelli, Premio Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ha curato La linea del Sillaro, La generazione entrante e, assieme a Isabella Leardini, Post ’900. Lirici e narrativi. Dopo avere scritto su l’Unità scrive oggi per Strisciarossa coordinando UniversoPoesia.