Maria Grazia Palazzo – «In punta di piedi»

ha forma di farfalla
in armatura colorata
l’orizzonte

nel pulviscolo atmosferico una minuscola crisalide
si staglia,
sovraimpressione incompiuta, ieratica bellezza,

forse una vela torna a germinare da una crepa
segni-sogni-semi-epistèmi, vastità molecolari

di sterminato bianco, nero, tracce di viaggio
ancora sfocato, ritorna in un azzurro invincibile

a stare in luogo necessario, a stare anche nel pianto,
rami di mistero, in un bacio d’alba, in viva filigrana

e più vicini noi a divorare ogni esperienza
nella miseria nostra della misura persa.


*

La notte come un fiume fino alle radici
a scavare dentro, a contarsi, a tenersi,
oltre il giorno, bambini ed anziani,
a pregare cento occhi e nomi.


Tornano all’epicentro
vite di migranti, corpi
in campo d’abbandono,
a disperare il freddo, la pace, a pregare
conforto, una strada, il perdono.

Forse la notte
restituirà le voci, ad una ad una
andando avanti, potremo cercare di raggiungere
le mani, il mare, la fortuna
non chiederà sacrifici umani ma doni.

Notte come un fiume
d i l a v a la memoria
ricordo rimosso
di quando si andava
lontano m i g r a n d o.


*

M.G. Palazzo, In punta di piedi, Terra d’ulivi edizioni, Lecce, 2017




La nostra geografia dalla ferita
immaginaria viaggia nel corpo
cavo del ricordo o della paura
che qualche cosa accada
ad interrompere il viaggio.

Dove la morte è presente,
a partorire il desiderio
dal buco nero, dove stanno
la bellezza ed il dolor insieme,
lì, è conquista d’incarnazione.

Un attentato o un tentativo
il divenire, il farsi, il dirsi darsi.
Tu non incidere il tuo nome nel buio
ma attendi che qualcuno ti pronunci
ti chiami guardandoti negli occhi…

Pace, come acqua da bere, aria
da respirare, ragione sentimento insieme,
nemesi del quotidiano sulla morte,
sulla nevrosi dei miti di grandezza,
miserie di una guerra persa.


*

Tra i morti e i vivi
in rivoli, apparenze, pomeriggi accecanti,
la morte arriva presto, le mani sono pietra.


Un Sud amaro insofferente scava
del sole la veglia meridiana morde,
in campo d’attesa, il riso
dei morti, la fame, il fiato.

È nel passaggio, in faticoso guado
che un altro Sud con spasmi muscolari
si sfila la camicia di forza,
e pompa sangue al corpo che non osa.

E i morti sanno tutto.
E noi viviamo nell’ombra.

Maria Grazia Palazzo è nata nel ’68, a Martina Franca (Ta), vive a Monopoli (Ba) dal 2006, dove si sono rotte le acque della poesia. Ha esercitato la professione di avvocato, per oltre vent’anni. Con l’arrivo di Amit dall’India nel 2014 è diventata mamma adottiva e nel 2015, con la seconda laurea in Scienze Religiose, è entrata nel mondo del super precariato della scuola, intraprendendo un nuovo percorso. Ha da sempre partecipato ad attività culturali e di promozione artistica, readings ed eventi volti alla multidisciplinarietà delle arti e alla pratica della poesia.
Ha pubblicato in poesia: Azimuth, con LietoColle nel 2012; In punta di piedi, con Terra d’Ulivi nel 2017; Pi Greco, piccolo e-book, con Stefano Donno nel 2017; Andromeda nel 2018, con i Quaderni del Bardo. Altre poesie sono uscite in collettanea per altre case editrici e su siti web. L’ultima sua opera in poesia è Toto Corde, uscita con La Vita Felice, nel 2020.

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