nazim hikmet, 1
vorrei saperti prendere
le mani al modo giusto
e ai miei polsi annodare
la tua paura del mare
e far tesoro di porti
e spiagge vuote a febbraio
ma io nodi non so farne
arrivederci, marinaio
*
marzo
sei l’impronta delle cose belle
di quelle che durano
di quelle che fuggono
il 24 dicembre
quando hai sette anni
e credi ancora a tutto
la notte di san lorenzo
quando ne hai sedici
e le mani che tremano
la fioritura dei biancospini
che salutano l’inverno
a ogni primavera della vita
l’odore di caldarroste
quando era tanto, troppo
che non tornavi a casa
*
poesia delle tristezze abissali
forse un po’ meno per il mare
per l’america latina
per le fusa dei gatti
alle sei di mattina
forse un po’ meno per una birra
con tuo fratello, in estate
sugli scalini di una chiesa
forse un po’ meno
per la laguna, fuori dal finestrino
quando arrivi a venezia
col treno
forse un po’ meno
per quella volta a tredici anni
che un amico, per caso
ti ha presa per mano
forse un po’ meno
per una notte insonne
in un cortile interno
a primavera
forse un po’ meno
per come i cieli di giugno
si distendono sul grano
quando è sera
*
dueparole
ti invecchia
quel mare in tempesta che hai dentro
ti imbratta la fronte di rughe
e gli occhi
di fughe
*
argentina
le gambe impiastricciate
tu che mi stringi per i fianchi
io piccola, eterna
quasi serena
le smagliature sui seni
i maglioni troppo larghi
ma intorno – tutto attorno
strade rosse di terriccio
e una stazione gialla
abbandonata come te
sulle mie cosce scoperte
è autunno
dall’altra parte del mondo
ma intanto qua, tra le sterpaglie
è primavera
e c’è un odore di mate all’esquina
servito freddo con succo d’arancia
e le ragazze vanno in moto senza casco
prendiamo i campi a sentirci più grandi
con una mano mangiamo alfajores
con l’altra ci intrecciamo
diventiamo giganti
e pensiamo: per sempre
per sempre saremo
sarà per sempre questo ottobre di sole
ce lo tatuiamo in corsivo sulla pelle:
a diciassette anni ho vissuto amando
argentina oggi ti canta
tua figlia
extrañando
Classe ‘94, anconetana di nascita ma dallo spirito nomade, Valentina Cottini dimostra sin da giovanissima una forte propensione artistica, che esprime nella musica, nel teatro e nella letteratura. Sceglie di improntare i suoi studi su quest’ultima, prima in un liceo classico, poi con una triennale in Lingue e letterature a Ca’ Foscari, infine attraverso un Master in Editoria alla IULM. La passione per il viaggio, sviluppata sin dal liceo attraverso importanti esperienze in Argentina, Brasile e Russia, unita a una forte ricerca spirituale, la spingono a intraprendere con il fratello il Cammino di Santiago, raccontato sotto forma di diario nel suo esordio letterario “Santiago 617 km – diario di un viaggio” (2018), edito Ventura edizioni. Per la stessa casa editrice, cura “Il covo di Candia, storia e tradizioni dalle colline marchigiane” (2019) e “Siamo tutti coinvolti, 30 storie di resistenza dai reparti Covid-19” (2020). Nel 2008 vince il Premio per la Poesia in vernacolo del Festival di Varano, nel 2017 ottiene una segnalazione di merito per la poesia del Premio Arte Città Amica di Torino, nel 2019 vince il Premio Coop For Words del Festivaletteratura sezione Poesia e infine sempre nella sezione poesia, nel 2020 ottiene il Premio Zeno.