Julian Zhara – «Bambino, altalena»

Bambino, altalena


Lo scricchiolio dell’altalena che fisso
dal vetro d’ufficio, di foglie seccate
affogate in attesa del vento e sacchi
vuoti di biscotti e patate – ieri era festa.
Nel parco c’è ancora un bambino da solo
che scava la sabbia, la ruota non gira,
sembra immobile il tutto, incantato – nell’ieri,
di ieri soltanto lattine schiacciate di coca
e avanzi, gli unici fischi lamenti risate suonano
distanti, le insegue il profumo di spezie e pane
sfornato, il bambino non alza gli occhi,
misura la terra, chissà cosa cerca, da ore.
Lo vado a trovare finito il turno, gli chiedo
hai freddo, lui tace e continua a scavare,
il lampione è lontano, due dossi ai lati,
la terra è nera, soltanto qualche vermetto
riflette la luce arancione, i fanali delle auto
proiettano le ombre sul parco,
le invitano al gioco, del resto il silenzio.
Il suo ansimare, mi taccio, lo osservo,
si placa, si volta, mi fissa, mi ci specchio,
lo riconosco: il bambino pare sia io;
mi dice, questa è la fossa, adesso decidi
chi di noi due la deve calzare giocando al morto –
non io, non io

Poeta, performer, organizzatore di eventi culturali, Julian Zhara è nato a Durazzo (Albania) nel 1986. Si trasferisce in Italia nel 1999. Nel 2014 partecipa con un progetto di spoken music a Generation Y, al MAXXI e nell’omonimo documentario andato in onda su Rai 5. Dal 2013 al 2016, cura assieme il festival Andata e Ritorno e per Cà Foscari un ciclo di presentazioni e convegni. Nel 2016 gli viene assegnato il Premio Internazionale di Poesia Alfonso Gatto per i giovani, cura la direzione artistica del festival di poesia Flussidiversi/9. Sue poesie sono presenti in La poesia italiana degli anni Duemila (Carrocci, 2017) di Paolo Giovannetti. Nel 2018 esce per Interlinea il suo primo libro di poesie: Vera deve morire. Vive, lavora e scrive a Venezia.


Foto di copertina scattata da Alice Tumiati

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