Vorrei conoscere il mondo dei morti,
reclamarlo in una lingua senza storia
che non abbia una grammatica, ma possa
avverare tutto ciò che si pronuncia.
Mi usano per parlare a chi è rimasto,
vogliono che dica, rovesciandola,
la parola che non hanno mai trovato
*
Legami nel sangue. Non temere
che mi ammali o sia stretto troppo forte:
solamente ciò che è unito nelle vene
resiste alle stagioni e non finisce.
*
Non leggermi la mano. Tra le linee
troveresti soltanto la tua sagoma.
*
Incida in tutto il corpo la parola
invisibile che governa le stagioni;
al rovescio incida i segni sopra i tagli
delle vene, a sangue aperto
ne ricavi bandiere e vaticini:
solo questa la missione degli amanti,
nuova nella cenere ogni volta
che giochiamo ad allacciarci all’ombelico
la luna, il tabacco e i nostri morti.
*
Vedi, non restano che i nostri
frutti sulla tavola:
mia madre che li sbuccia; i loro
nomi che pendono dall’orlo
e cadono tra il pavimento e l’invisibile.
Ora all’uva basta un soffio per marcire
in fretta e diventare una preghiera.
Mattia Tarantino è nato a Napoli nel 2001. Co-dirige Inverso – Giornale di poesia; collabora con YAWP – Giornale di letterature e filosofie e Menabò – Quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria; come traduttore con Iris News – Rivista internazionale di poesia. È apparso in diversi quotidiani, riviste e antologie, italiani e internazionali (tra cui Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Manifesto). I suoi versi sono stati tradotti in otto lingue. Ha pubblicato Tra l’angelo e la sillaba (Terra d’ulivi, 2017), Fiori estinti (Terra d’ulivi, 2019) e tradotto Poema della fine (Terra d’ulivi, 2020), di Vasilisk Gnedov.